Aspettando Godot
"È il manifesto del tragicomico della modernità postbellica. (...) Emanuele Santoro ne dà una versione rigorosa e rispettosa che assume sfumature diverse nella recitazione, più naturalistica e quindi anche più ricca di varianti, quella di Gravante (Estragone), mantenuta su un livello di astrazione grottesca e quindi anche di una certa fissità espressiva, straniata e straniante, quella di Santoro (Vladimiro). Ma questa complementarietà funziona e serve anche ad esaltare la costante ambiguità e ambivalenza dei dialoghi e delle situazioni. Accanto a loro, efficaci anche gli interventi di Giuseppe Farah, Piercamillo Moretti e del giovane Davide Marangoni (nella parte del messaggero di Godot). Senza necessità di fantasiose complicazioni la scenografia di Anna Ferretti Evangelista: sul nudo palco, il tronco di alberello a cui appiccicare le foglie verdi del secondo atto e un bidone."
Giornale del Popolo, Manuela Camponovo.

«Sono morto fuori, sono vivo dentro. Sogno di vivere una vita bella, cerco di vivere bene una vita brutta». (Un barbone)

Lo spettacolo
Note di regia
"Aspettando Godot è una commedia in cui non accade nulla, per due volte (i due atti)", diceva qualcuno dopo il debutto londinese. In effetti è una tragicommedia costruita intorno alla condizione dell'attesa.
Geniale poi è la provocazione di un protagonista assente: Godot. Chi è Godot? Il destino? La morte? La fortuna? La felicità? Dio (l' ipotesi più accreditata e discussa è Godot=God)? Lo stesso Beckett non l'ha mai chiarito, anzi, ha detto: "Se avessi saputo chi è Godot lo avrei scritto nel copione.". La differenza tra parlare e dire qualcosa, la condizione di attesa e la considerazione sull'irrazionalità dell'esistenza che troviamo in Asppettando Godot, sono le principali ragioni di questa messinscena che andrà ad inserirsi, insieme a Amleto, Don Chisciotte, Macbeth, Le Notti bianche, Otello e Il cortile, in un percorso di analisi sulla condizione dell'uomo iniziato nel 2003 con Caligola.
Torniamo dunque al classico. Perché per noi Aspettando Godot lo è a tutti gli effetti. Un testo classico parla a noi di noi, in ogni tempo. E se è vero che è il contesto a valorizzare il testo, sarà proprio questo l'oggetto della nostra attenzione, nel tentativo di restituire a questo capolavoro il grande valore che gli riconosciamo, soprattutto oggi.

Regia
Emanuele Santoro
Con
Emanuele Santoro
Vito Gravante
Beppe Farah
Piercamillo Moretti
Davide Marangoni
Scenografia
Anna Ferretti Evangelista

 

di Samuel Beckett
e.s.teatro
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